IPSIA insieme a Caritas italiana e Caritas ambrosiana è impegnata sin dal 2015 lungo la Balkan Route, con interventi di emergenza e di sostegno psico-sociale per le decine di migliaia di persone in fuga da guerra e dittature.
Dopo la Grecia, la Macedonia e la Serbia, è la Bosnia Erzegovina che da inizio 2018 ha visto crescere in modo esponenziale il numero di migranti, rifugiati e richiedenti asilo che attraversano il paese cercando di entrare in Europa.
IPSIA con la Croce Rossa di Bihać si impegna a raccogliere e distribuire vestiti, scarpe, coperte, cuscini, materassini e il necessario per l’igiene personale e la distribuzione dei pasti.
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Cosa sta succedendo a Bihać
La Balkan Route non è chiusa. Nelle ultime settimane alle centinaia di persone presenti in Bosnia, si aggiungono sempre più famiglie con bambini. Siriani, afghani e pakistani soprattutto, che da est e da sud, passando per la capitale Sarajevo, si dirigono verso la frontiera nord-occidentale con la Croazia per cercare di attraversare i confini verso l’UE. Ogni giorno le persone vengono respinte con violenza dalla polizia di frontiera, sono decine gli interventi di primo soccorso che vengono effettuati e i report di maltrattamenti che vengono registrati.
Dall’inizio di maggio a Bihać arrivano ogni giorno decine di persone, sono più di 200 i migranti sul territorio, senza ricovero, e i numeri sono destinati ad aumentare.
La risposta delle autorità bosniache è carente e disorganizzata: con difficoltà si sta lavorando all'adattamento di uno spazio come centro di accoglienza e i volontari locali della Croce Rossa si impegnano ogni giorno per gestire questa nuova emergenza, insieme ai volontari in servizio civile di IPSIA e i Corpi Civili di Pace di IPSIA e Caritas
I numeri
Nei primi tre mesi del 2018, le autorità bosniache hanno registrato 1.036 ingressi nel paese, ma il numero reale sarebbe decisamente più elevato e di questi circa la metà si concentra nella zona di Bihać e Velika Kladuša, nel nord-ovest del Paese.
Le strutture di accoglienza sono insufficienti, molti trovano rifugio in alloggi di fortuna. E per coloro che tentano di varcare le frontiere, si aggiungono i pericoli legati all’attraversamento delle zone minate risalenti alle guerre degli anni ‘90.
Anche l’UNCHR conferma che questi numeri siano destinati a crescere. La Croazia ha intensificato i controlli lungo le nuove zone di passaggio, dando il via a respingimenti con uso eccessivo di violenza, come testimoniano le parole dei migranti raccolte dagli operatori a Bihać.
Attraversare le frontiere con la Croazia sarà sempre più difficile e il rischio è quello di creare un nuovo collo di bottiglia sulla rotta balcanica.
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Per appronfondire
“A Bihać le persone hanno scelto come loro sede un ex dormitorio per studenti e un ospizio devastato lungo il fiume” , racconta Silvia Maraone, operatrice IPSIA, nella sua testimonianza sul campo. “E’ qui che ogni giorno un team di operatori e volontari della Croce Rossa di Bihać distribuisce pasti caldi, vestiti, scarpe”. Continua a leggere.
Leggi anche l’approfondimento di Greta Mangiagalli e Giovanna Bizzarro, le due volontarie dei Corpi Civili di Pace, a Bihac da quasi un anno con il progetto di Caritas Italiana "Corpi Civili di Pace per la riconciliazione in Bosnia e Erzegovina" di cui IPSIA è partner.
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