Benché in Senegal il Covid abbia avuto un impatto minore rispetto ad altri paesi, questo è stato comunque considerevole sul piano sociale ed economico. Secondo un’analisi del ministero dell’economia senegalese, di fronte a una crescita attesa del 6.8% per il 2021, la crescita effettiva è stata solo del 1.1%. L’effetto della crisi provocata dalla pandemia si è stratificato su disuguaglianze preesistenti, colpendo soprattutto le fasce vulnerabili della popolazione, come i lavoratori del settore informale, le donne e i giovani.
Nell’ultimo anno, nel quadro della pandemia, la Pfongue (Piattaforma delle ONG europee in Senegal) ha condotto uno studio, per comprendere gli effetti che questa ha avuto nel lungo e medio termine sia sulla società senegalese in generale, sia sul modus operandi delle ONG. La ricerca della Pfongue ha seguito vari assi analitici, focalizzandosi sugli impatti nel contesto rurale, nei servizi essenziali, nella gestione dei territori, nello sviluppo economico del settore formale e informale.
L’analisi ha evidenziato carenze strutturali nei servizi pubblici essenziali, soprattutto per quel che riguarda la capacità di garantire l’igiene degli spazi e dei servizi. Il sistema scolastico, ad esempio, si è trovato impossibilitato a garantire una continuità educativa, con 3,5 milioni di scolari che hanno visto sospeso il proprio apprendimento durante i mesi del Covid. Inoltre i settori storicamente svantaggiati come quello informale, quello artigianale, quello dei lavoratori stagionali, l’impiego femminile e il piccolo commercio di strada hanno subito una battuta d’arresto, a causa delle misure di chiusura totale prese dal governo per fronteggiare la crisi, di fronte all’impossibilità di garantire la sicurezza dei lavoratori. Il governo non è riuscito a definire misure differenziate in base alle necessità dei diversi territori senegalesi, ricorrendo invece a misure di chiusura generalizzate e inefficaci, che a marzo 2021 hanno portato la gente a protestare nelle strade.
A livello di sviluppo agricolo, la chiusura dei mercati e le restrizioni alla mobilità hanno determinato difficoltà a commercializzare i prodotti, soprattutto per i produttori che dipendono da mercati settimanali o da intermediari informali. La difficoltà di accesso a fonti nutrizionali diversificate ha avuto un effetto negativo sulla sicurezza alimentare degli abitanti delle zone rurali, accentuando problematiche esistenti legate alla fragilità delle filiere agricole, che mancano di una struttura formalizzata e resiliente.
A queste sfide poste dalla crisi, secondo lo studio della Pfongue, le ONG hanno reagito focalizzandosi su due assi principali di intervento. Da un lato c’è stata una mobilitazione massiva per garantire l’accesso a misure protettive e di sensibilizzazione. Dall’altro, il focus è stato posto sul migliorare l’accesso ai servizi e sul ridurre le disuguaglianze, lavorando in collaborazione con le istituzioni e stakeholders locali. Ci si è concentrati sullo sviluppo di strumenti di sostegno finanziario, sull’appoggio allo sviluppo dei mercati esistenti e di dispositivi territoriali di adattamento alle crisi, e si è incoraggiata la protezione sociale dei lavoratori informali. È stata fatta pressione per rafforzare i servizi decentralizzati alle collettività territoriali, aumentando le sinergie tra società civile e stato.
La crisi del Covid sottolinea quindi la necessità di rafforzare le istituzioni locali e di lavorare per rafforzare la capacità di resistenza a shock esterni del tessuto socio-economico senegalese. Il lavoro di IPSIA si inserisce all’interno di questo sforzo collettivo, da un lato lavorando per contribuire al rafforzamento delle filiere agricole, e per garantire una maggiore resilienza delle zone rurali; dall’altro collaborando a rafforzare le istituzioni locali per una gestione sostenibile delle zone urbane (vedi in particolare il progetto Dakar REVE in collaborazione con i comuni di Milano e Dakar).